l'inchiostrino
L'ARTE POPOLARE DEVOZIONALE E L'INCHIOSTRINO di Susanna Viviani
L’inchiostrino (in chiostrino – nel piccolo chiostro) e’ una corte in centro di Montelupo, vi si accede da un vicolo stretto stretto e per amare questo luogo occorre esserci nato.
E’ scomodo perché racchiuso tra le case su due vie diverse nella parte sopra, Via Baccio da Montelupo (già Via Baccio Sinibaldi detta anche comunemente Via della Chiesa), Via XX Settembre (già Via dei Carabinieri quando prima della guerra vi sorgeva la caserma) e addirittura su tre vie con Corso Garibaldi, nella parte sotto.
Non puoi portarci nulla piu’ largo di 73 cm., ma una volta entrato, è più luminoso e grande di quanto pensi, con un giardino inaspettato, una fornace storica proprio sopra la “Trattoria del Sole” e con case che sembrano presentare su questa corte urbana, la loro migliore facciata, adornata di riquadrature in pietra a finestre e porte e molte immagini sacre, di fattura popolare, sopra i portoni, sotto la loggia, ormai sostituita da una struttura precaria e all’ingresso del vicolo.
Le riquadrature e i numeri civici proseguono nella corte sottostante dove un tempo non lontano, a memoria d’uomo, si passava da Via Baccio a Via dei Carabinieri attraverso un arco a fianco della chiesina, situata prima della guerra nel posto che fu poi del parcheggio Delli, del magazzino del Bar Carlino e ora di un curato negozio di ceramica.
Sembra che questo passaggio in penombra di sera fosse, a volte, usato da coppie di innamorati per baci lontano dagli occhi indiscreti e questo non fosse gradito al pievano, che chiese che fosse chiuso.
La chiesetta bombardata assieme ai contigui edifici, compresi quelli situati al posto dell’attuale Piazza della Libertà, lascia agli informati posteri solo la traccia rimaneggiata della piccola campana.
Dopoguerra, la comodità di passare da Via XX Settembre a Via Baccio senza fare il giro dell’isolato, venne garantita attraverso le cantine dell’edificio della mia famiglia, per abitudine e concessione di Zio Alfonzino (fratello di mio nonno, Dino di Gano), fabbro ferraio con antica bottega posta su Via XX Settembre e attestante sulla corte inferiore, ove un tempo c’era l’arco chiuso con la ricostruzione post-bellica. Le signore che ancora si ricordano questa abitudine, mi hanno raccontato che quando volevano passare chiamavano il fabbro e lui gli accendeva la luce e le faceva passare da un’andito a lato della bottega, da cui vedevano i lavori che stava facendo e il fuoco acceso.
La casa, acquistata da mio nonno e suo fratello nel 1901, sembra fosse un’antica residenza di proprietà della Curia Arcivescovile e questo potrebbe spiegare, assieme alla presenza della contigua cappella, le rifiniture un po’ sopra l’usuale della facciata sull’inchiostrino, la tipologia di casa torre trecentesca, con una sola rampa per collegare i vari piani, le decorazioni interne nelle sale del lato nord e le tante immagini devozionali che in questo luogo si raccolgono.
Le immagini sacre, sopra le porte e sulle facciate sono quelle conservate in maniera migliore, protette da nicchie ed elettrificate. Quelle nella corte, usate per i rosari di maggio, fino a pochi decenni fa, sono più sciupate.
Tra queste è molto particolare quella della Madonna del Latte, a cui si rivolgevano le neo mamme per conservare, il più a lungo possibile, il latte materno ai loro neonati.










